| Capitolo 4 |
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Il re Nabucodònosor a tutti i popoli, nazioni e lingue, che abitano in tutta la terra: Pace e prosperità!
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M'è parso opportuno rendervi noti i prodigi e le meraviglie che il Dio altissimo ha fatto per me.
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3 |
Quanto sono grandi i suoi prodigi
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Io Nabucodònosor ero tranquillo in casa e felice nella reggia,
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quando ebbi un sogno che mi spaventò. Le immaginazioni che mi vennero mentre ero nel mio letto e le visioni che mi passarono per la mente mi turbarono.
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Feci un decreto con cui ordinavo che tutti i saggi di Babilonia fossero condotti davanti a me, per farmi conoscere la spiegazione del sogno.
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Allora vennero i maghi, gli astrologi, i caldei e gli indovini, ai quali esposi il sogno, ma non me ne potevano dare la spiegazione.
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Infine mi si presentò Daniele, chiamato Baltazzàr dal nome del mio dio, un uomo in cui è lo spirito degli dei santi, e gli raccontai il sogno
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dicendo: «Baltazzàr, principe dei maghi, poiché io so che lo spirito degli dei santi è in te e che nessun segreto ti è difficile, ecco le visioni che ho avuto in sogno: tu dammene la spiegazione».
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Le visioni che mi passarono per la mente, mentre stavo a letto, erano queste: ed ecco un albero di grande altezza in mezzo alla terra.
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Quell'albero era grande, robusto, la sua cima giungeva al cielo e si poteva vedere fin dall'estremità della terra.
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I suoi rami erano belli e i suoi frutti abbondanti e vi era in esso da mangiare per tutti. Le bestie della terra si riparavano alla sua ombra e gli uccelli del cielo facevano il nido fra i suoi rami; di lui si nutriva ogni vivente.
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Mentre nel mio letto stavo osservando le visioni che mi passavano per la mente, ecco un vigilante, un santo, scese dal cielo
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e gridò a voce alta: «Tagliate l'albero e stroncate i suoi rami: scuotete le foglie, disperdetene i frutti: fuggano le bestie di sotto e gli uccelli dai suoi rami.
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Lasciate però nella terra il ceppo con le radici, legato con catene di ferro e di bronzo fra l'erba della campagna. Sia bagnato dalla rugiada del cielo e la sua sorte sia insieme con le bestie sui prati.
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Si muti il suo cuore e invece di un cuore umano gli sia dato un cuore di bestia: sette tempi passeranno su di lui.
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Così è deciso per sentenza dei vigilanti e secondo la parola dei santi. egli lo può dare a chi vuole e insediarvi anche il più piccolo degli uomini».
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Questo è il sogno, che io, re Nabucodònosor, ho fatto. Ora tu, Baltazzàr, dammene la spiegazione. Tu puoi darmela, perché, mentre fra tutti i saggi del mio regno nessuno me ne spiega il significato, in te è lo spirito degli dei santi.
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Allora Daniele, chiamato Baltazzàr, rimase per qualche tempo confuso e turbato dai suoi pensieri. Ma il re gli si rivolse: «Baltazzàr, il sogno non ti turbi e neppure la sua spiegazione». Rispose Baltazzàr: «Signor mio, valga il sogno per i tuoi nemici e la sua spiegazione per i tuoi avversari.
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L'albero che tu hai visto, grande e robusto, la cui cima giungeva fino al cielo e si poteva vedere da tutta la terra
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e le cui foglie erano belle e i suoi frutti abbondanti e in cui c'era da mangiare per tutti e sotto il quale dimoravano le bestie della terra e sui cui rami facevano il nido gli uccelli del cielo,
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sei tu, re, che sei diventato grande e forte; la tua grandezza è cresciuta, è giunta al cielo e il tuo dominio si è esteso sino ai confini della terra.
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Che il re abbia visto un vigilante, un santo che scendeva dal cielo e diceva: Tagliate l'albero, spezzatelo, però lasciate nella terra il ceppo delle sue radici legato con catene di ferro e di bronzo fra l'erba della campagna e sia bagnato dalla rugiada del cielo e abbia sorte comune con le bestie della terra, finché sette tempi siano passati su di lui,
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questa, o re, ne è la spiegazione e questo è il decreto dell'Altissimo, che deve essere eseguito sopra il re, mio signore:
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25 |
Tu sarai cacciato dal consorzio umano e la tua dimora sarà con le bestie della terra; ti pascerai d'erba come i buoi e sarai bagnato dalla rugiada del cielo; sette tempi passeranno su di te, finché tu riconosca che l'Altissimo domina sul regno degli uomini e che egli lo dà a chi vuole.
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L'ordine che è stato dato di lasciare il ceppo con le radici dell'albero significa che il tuo regno ti sarà ristabilito, quando avrai riconosciuto che al Cielo appartiene il dominio.
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Perciò, re, accetta il mio consiglio: sconta i tuoi peccati con l'elemosina e le tue iniquità con atti di misericordia verso gli afflitti, perché tu possa godere lunga prosperità».
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Tutte queste cose avvennero al re Nabucodònosor.
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Dodici mesi dopo, passeggiando sopra la terrazza della reggia di Babilonia,
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il re prese a dire: «Non è questa la grande Babilonia che io ho costruito come reggia per la gloria della mia maestà, con la forza della mia potenza?».
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Queste parole erano ancora sulle labbra del re, quando una voce venne dal cielo: «A te io parlo, re Nabucodònosor: il regno ti è tolto!
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Sarai cacciato dal consorzio umano e la tua dimora sarà con le bestie della terra; ti pascerai d'erba come i buoi e passeranno sette tempi su di te, finché tu riconosca che l'Altissimo domina sul regno degli uomini e che egli lo dà a chi vuole».
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In quel momento stesso si adempì la parola sopra Nabucodònosor. Egli fu cacciato dal consorzio umano, mangiò l'erba come i buoi e il suo corpo fu bagnato dalla rugiada del cielo: il pelo gli crebbe come le penne alle aquile e le unghie come agli uccelli.
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«Ma finito quel tempo, io Nabucodònosor alzai gli occhi al cielo e la ragione tornò in me e benedissi l'Altissimo; lodai e glorificai colui che vive in eterno, e il cui regno è di generazione in generazione.
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Tutti gli abitanti della terra sono, davanti a lui, come un nulla; egli dispone come gli piace delle schiere del cielo e degli abitanti della terra. Nessuno può fermargli la mano e dirgli: Che cosa fai?
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In quel tempo tornò in me la conoscenza e con la gloria del regno mi fu restituita la mia maestà e il mio splendore: i miei ministri e i miei prìncipi mi ricercarono e io fui ristabilito nel mio regno e mi fu concesso un potere anche più grande.
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Ora io, Nabucodònosor, lodo, esalto e glorifico il Re del cielo: tutte le sue opere sono verità e le sue vie giustizia; egli può umiliare coloro che camminano nella superbia».
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